Non entrate in quella “Scuola”…

Potrebbe essere il titolo perfetto del prossimo film di Dario Argento.

Un esempio di realtà che supera la fantasia perché, l’attuale scuola di oggi, soddisfa proprio i criteri di un vero e proprio film horror di tutto rispetto: strutture fatiscenti, docenti sovraccarichi di lavoro e sempre più carichi di responsabilità, riforme che incombono una dietro l’altra che non fanno altro che ferire sempre più il sistema, la speranza che arrivi un ministro che abbia un minimo di esperienza in materia e l’infinita attesa di un luce in fondo al tunnel che attualmente sembra sempre più lontano.

La “scuola”: tutti ne parlano, tutti la riformano (in meglio o in peggio però questo è ancora da capire), allora andiamo ad analizzare qualche punto saliente del percorso della scuola italiana.

Il nuovo millennio vorrebbe la scuola divisa in sessenni, lui è Berlinguer, comincia a sfoderare la mannaia cercando di sfoltire un po’ qui e un po’ là, cercando di dare un look più svelto e innovativo: comodi 12 anni e un colpo secco di spugna alla scuola media (legge 10 febbraio 2000, n. 30). Ma lei, la sorellina di mezzo, la scuola secondaria di primo grado, il ponte tra la scuola primaria e la scuola superiore, resiste con onore a questa coltellata e assiste al tramonto del piano Berlinguer subito abrogato dal nuovo Governo guidato da Silvio Berlusconi e dal nuovo Ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti con la Legge 53/2003).

Stavolta, invece della mannaia si usa una ghigliottina. Inglese, informatica e impresa, tuona la riforma mentre trancia di netto il tempo scuola e comincia la strage degli insegnanti di sostegno. Soltanto tre anni, dopo il neoministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni rimette le mani sul sistema scolastico  e, dopo essersi occupato di smontare (dove conviene) la precedente riforma Moratti, nel Cap. III art. 65 – 68 della legge finanziaria 2006 prevede tagli per un importo complessivo non inferiore a 448,20 milioni per l’anno 2007, euro 1.324,50 milioni per l’anno 2008 ed euro 1.402,20 milioni a decorrere dall’anno 2009, per un importo complessivo di 3.174,90 milioni di euro.

Oltre alla parte economica ci sono anche diversi interventi strutturali, in particolare l’innalzamento del rapporto alunni/classe e la riduzione del numero degli insegnanti specialisti di lingua inglese nella scuola primaria. Tutto ciò per risparmiare ancora 189 classi nella scuola per l’infanzia, 2.925 classi nella scuola primaria, 1.443 nella scuola media, 3.124 alla scuola superiore: totale 7.682 classi che portano a 19.032 docenti in meno, a cui aggiungere 7.000 unità di personale ATA (Ausiliari Tecnici Amministrativi).

La scuola, ormai agonizzante dopo l’ennesima falce, continua coraggiosamente a sopravvivere ma, nel 2008 è l’ora di Maria Stella Gelmini, ricordata in particolar modo per la strage degli insegnanti! Ha infatti ulteriormente tagliato la spesa per l’istruzione riducendo drasticamente il numero dei docenti, reintroducendo il maestro prevalente nella scuola primaria: stavolta si tratta di un vero e proprio bagno di sangue!

Successivamente Gelmini passa il testimone a Francesco Profumo, Ministro dell’Istruzione nel Governo guidato da Mario Monti e subito dopo arriva  Maria Chiara Carrozza con scuola che “riparte” , a capo del dicastero dell’Istruzione durante il Governo di Enrico Letta, i quali hanno contribuito a dare ancora qualche limatina al sistema.

Così si allungano i tempi per andare in pensione, aumentano le classi pollaio, diminuiscono gli insegnanti, soprattutto quelli di sostegno.

Ed infine lei, la Buona Scuola del Governo Renzi, ha finito per mettere a rischio addirittura l’inizio dell’anno scolastico 2016/17! Docenti spalmati oltre i mille chilometri e una nuova razza in via di estinzione: il supplente!Scuola-Giornata-nazionale-per-la-sicurezza-1A settembre ed ottobre gli istituti hanno avuto difficoltà per la prima volta a reclutare i docenti anche con la tanto strombazzata “chiamata diretta” del dirigente scolastico! E’ il caos nazionale! Alcune scuole sono costrette a ridurre l’orario degli studenti per mancanza di personale e, dopo le pubblicazioni delle assegnazioni provvisorie, giunte ad anno scolastico inoltrato, abbiamo assistito all’ennesimo rimpasto di cattedre e professori.

A questo punto potrebbe anche sorgere la spontanea domanda: ma la vogliamo salvare davvero la scuola pubblica? Perché guardando a ritroso sembra proprio che la vera intenzione fosse quella di farla sparire del tutto: tagli sul personale  ATA, accorpamenti mostruosi e ridimensionamenti per risparmiare sul personale di segreteria e sui dirigenti scolastici, tagli sui fondi d’istituto, tagli su tutto, dal materiale di facile consumo alla carta igienica, tagli di docenti di ogni ordine e grado, compreso il sostegno, manutenzione quasi assente degli edifici, istituti che perdono pezzi e addirittura tetti.

Ma ci rendiamo conto della gravità in cui versa lo stato generale della nostra scuola?

A tal proposito, il 15 settembre scorso è uscito l’autorevole rapporto annuale dell’OCSE sullo stato dell’istruzione a livello mondiale, attraverso l’analisi dei sistemi educativi dei 35 Paesi membri dell’OCSE, oltre a quelli di Argentina, Brasile, Cina, Colombia, Costa Rica, India, Indonesia, Lituania, Federazione russa, Arabia Saudita e Sudafrica. I dati relativi al nostro Paese mostrano, infatti, che la spesa per l’istruzione è diminuita significativamente.

Nel 2013 la spesa totale (pubblica e privata) per l’istruzione è stata tra le più basse degli Stati presi in esame, ossia pari al 4% del PIL rispetto a una media OCSE del 5,2%. All’istruzione  è stata attribuita una quota di bilancio esigua rispetto ad altri settori: nel 2013, infatti, l’Italia ha stanziato il 7% della spesa pubblica complessiva per tutti i livelli di istruzione, rispetto a una media OCSE dell’11%. Inoltre dall’analisi risulta che il nostro corpo docente è il più anziano rispetto a tutti gli altri Paesi OCSE.

Nel 2014, l’Italia registrava la più alta percentuale di ultracinquantenni rispetto a tutti gli altri esaminati. Un’ulteriore sfida, e forse quella più importante per il nostro sistema, è rendere l’istruzione terziaria un percorso che permetta di entrare nel mondo del lavoro più facilmente. In Italia, l’ultimo tasso registrato di ingresso degli studenti in un corso di laurea di primo livello è del 37%, percentuale molto inferiore alla maggior parte dei Paesi OCSE. I giovani laureati, tra i 25 e i 34 anni, non trovano facilmente lavoro e registrano un tasso di occupazione del 62% contro una media OCSE dell’83%.

Ma non solo l’OCSE ci bacchetta! Anche la relazione annuale della Corte dei Conti sul costo del lavoro pubblico ben evidenzia l’accanimento che vi è stato da parte dei vari Governi nei confronti del settore scuola. Questa linea di tagli ha iniziato ad affermarsi in particolar modo con la manovra finanziaria per il 2009 (anticipata all’estate attraverso l’emanazione de decreto legge n. 112 del 2008), che disponeva una razionalizzazione del sistema scolastico, con una robusta riduzione del numero di cattedre e del personale amministrativo. A questa poi si è aggiunta, quella che la Corte dei Conti definisce come  “La sterilizzazione” del triennio 2010-2012, prevista dall’art. 9, comma 23 ai fini della maturazione dell’anzianità necessaria per l’attribuzione di classi stipendiali superiori in favore del personale della scuola. Relativamente al settore statale, la scuola evidenzia una diminuzione complessiva di personale di oltre l’8 %.

Colpisce il dato relativo al calo dei dirigenti scolastici (meno 31 %)  per effetto dell’accorpamento dei plessi scolastici e del processo di riaggregazione avviato con il decreto-legge n. 122 del 2008 e della conseguente riduzione dei posti. Gli insegnanti di ruolo diminuiscono di oltre il 9 % mentre il personale non di ruolo subisce una significativa riduzione ( meno 32 %).

Gli insegnanti con contratto annuale e quelli con rapporto di lavoro limitato alla durata dell’anno scolastico diminuiscono rispettivamente del 18 e del 13 %. Ancor più evidente la flessione per il personale amministrativo con contratto annuale, categoria di fatto quasi azzerata (da oltre 59.000 unità nel 2008 a circa 3.600 nel 2014).

Ma è possibile basare le riforme della scuola, fondamentali per la crescita del Paese, solo attraverso politiche di tagli e di razionalizzazione delle spese? Dove sono la pedagogia e le scienze dell’educazione che dovrebbero essere il fondamento dei criteri su cui si basa una vera riforma del sistema scolastico?

Ebbene, attualmente la scuola è in fin di vita e la pedagogia è scomparsa! Qualcuno ha fatto notare che gli alunni non sanno più scrivere, e cosa pretendevamo da tutti questi anni di saccheggio del sistema?

E’ ovvio che nonostante tutti questi tagli e tutta questa sofferenza, nonostante tutti questi risparmi sulle teste dei nostri figli, il debito continua a crescere e questo significa che il sacrificio della scuola non è servito proprio a nulla! Ma soprattutto dovremmo chiederci che fine hanno fatto tutti i milioni non investiti ed addirittura sottratti all’istruzione.

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