5 Stelle, i meriti di Grillo Scritto da Diego Fusaro

Non sono personalmente un fine conoscitore del “Movimento Cinque Stelle”, né posso dirmi un suo sostenitore. E, tuttavia, non mi pare fuori luogo svolgere alcune considerazioni – senza alcuna pretesa di esaustività, sia chiaro – intorno a questo movimento che, a torto o a ragione, ha saputo rappresentare meglio di ogni altro, nell’ultimo decennio, una novità nel modo di intendere e di praticare la politica (per motivi tanto noti e discussi che non ha nemmeno senso riprenderli in questa sede). In particolare, le considerazioni che vorrei telegraficamente svolgere riguardano quello che mi piace definire, nel suo complesso, il volto positivo del movimento Cinque Stelle. Con ciò non intendo dire – lo ribadisco – che esso sia l’optimum in politica e che si tratti, dunque, di aderirvi incondizionatamente: resto pur sempre un allievo di Marx e di Hegel, non di Grillo e di Casaleggio.

Mi soffermerò soprattutto su tre punti. In primo luogo, l’odio organizzato e ubiquitario verso il movimento di Beppe Grillo. Lo si ritrova a ogni gradazione politica, presso il clero giornalistico (che parla di tutto e non crede in nulla) e in ogni prestazione dell’industria culturale (particolarmente fastidioso, come sempre, lo starnazzamento semicolto del PD, che – non l’ho mai nascosto – rappresenta per me quanto di più osceno vi sia in circolazione d trent’anni a questa parte).

Ora, nel mondo della falsità organizzata, della “notte del mondo” (Heidegger) e del “regno animale dello spirito” (Hegel), deve essere oggetto d’attenzione il fatto che una forza politica sia bersagliata da tutte (lo sottolineo: tutte!) le altre e sia, per così dire, il nemico universale contro cui tutti convergono. Non si può, certo dire, che il Movimento Cinque Stelle sia nel vero perché è attaccato da tutte le potenze del falso (potrebbe esso stesso essere falso), ma è un argomento su cui occorre riflettere con serietà. Perché, in altre parole, tanto accanimento da parte di tutti contro Grillo?

Il secondo punto – questo incondizionatamente positivo – sta nel fatto che il Movimento Cinque Stelle ha fecondamente abbandonato la dicotomia destra-sinistra. Di più, ha capito perfettamente la vera natura di destra e sinistra come opposti che dicono in maniera antitetica la stessa cosa, contribuendo a nasconderla dietro il finto pluralismo. Oggi la dicotomia destra-sinistra esiste solo come protesi ideologica di santificazione apologetica dell’esistente: l’opposizione tra una destra e una sinistra che, dietro l’apparente contrapposizione, veicolano la stessa visione del mondo contribuisce a rendere indecifrabile l’essenza del nostro tempo.

Di conseguenza, l’antitesi tra destra e sinistra esiste oggi solo virtualmente come protesi ideologica per manipolare il consenso e addomesticarlo in senso capitalistico, secondo il tipico dispositivo della tolleranza repressiva per cui al cittadino globale è dato scegliere liberamente l’adesione alla necessità sistemica. Destra e sinistra esprimono in forme diverse lo stesso contenuto e, in questo modo, rendono possibile l’esercizio di una scelta manipolata, in cui le due parti in causa, perfettamente interscambiabili, alimentano l’idea della possibile alternativa, di fatto inesistente. Vi è, a questo proposito, un inquietante intreccio tra i due apoftegmi attualmente più in voga presso i politici – “non esistono alternative” e “lo chiede il mercato” –, intreccio che rivela, una volta di più, l’integrale rinuncia, da parte della politica, a operare concretamente in vista della trasformazione di un mondo aprioristicamente sancito immodificabile.

Il solo modo per proporre alternative politiche consiste nell’abbandonare la dicotomia: finché si permane in essa, si resta nei perimetri del sistema della manipolazione organizzata e del controllo panoptico delle scelte (adesione supina al nomos dell’economia, leggi del mercato, subordinazione all’impero americano, ecc.). Beppe Grillo l’ha capito. Non sarà molto, ma è già qualcosa rispetto alle “acque basse” in cui continuano a muoversi PD, PDL e gli altri partitini multicolore opposti su tutto fuorché sulle questioni di rilievo.

Vengo ora, rapidamente, al terzo e ultimo punto. Il quale riguarda il folle progetto chiamato Europa (l’eurocrazia del debito e dell’imperialismo economico). Proprio in forza del fatto che è esterno alla dicotomia destra-sinistra, Grillo ha saputo, da subito, porre all’ordine del giorno l’uscita dell’Italia dall’euro. Per questo, merita rispetto e attenzione, rivelandosi di gran lunga superiore a tutti i pagliacci del coro artatamente manipolato della destra e della sinistra.

Forse Grillo non ha saputo (o non ha voluto) trarre tutte le conseguenze dalla sua posizione, ad esempio rivendicando la sovranità nazionale (e quindi la necessità di chiudere tutte le basi americane sul territorio italiano). Non si è spinto a sostenere che il presente modello eurocratico ha il solo obiettivo di distruggere del tutto lo jus publicum europaeum e sostituire il capitalismo europeo con quello americano, nella forma di un’americanizzazione integrale dell’Europa, come si evince dalle sempre nuove ondate di liberalizzazioni e privatizzazioni, di erosione dei diritti sociali e di distruzione di ogni garanzia dell’esistenza. L’euro, del resto, non è una moneta, ma un preciso metodo di governo in cui la politica è integralmente sussunta sotto l’economico. Prova ne è, oltretutto, l’incompatibilità, sempre più lampante, tra l’euro e il welfare state. Ma – ripeto – il fatto che Grillo soltanto, in tutta la stultifera navis della politica italiana, sia riuscito a dire la vera cosa importante oggi, ossia la necessità di uscire dall’euro, fa di lui e del suo movimento una realtà che non solo non può essere ignorata, ma che di più deve essere riconosciuta nella sua superiorità rispetto a tutte le altre di questo paese immerso nel sole e nel debito.