“Menù vegetale nelle mense scolastiche”

Parte 1: “la proposta”

VeganDAY nelle mense scolastiche di San Vincenzo, un primo passo per diventare Comune virtuoso

E’ stata proposta all’Amministrazione Comunale di San Vincenzo l’introduzione di un giorno a settimana di menu esclusivamente vegetale nelle mense scolastiche di questo Comune, a tutela e per la promozione della cura dell’Ambiente e della salute dei cittadini,  attraverso una scelta alimentare che riduca il consumo di cibi di origine animale e altre disposizioni tra le quali anche per la promozione e diffusione di servizi di ristorazione a ridotto impatto ambientale ed elevato standard salutistico.

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Oggi nelle scuole si mettono in atto percorsi volti al rispetto delle diverse etnie,  culture e modi di vivere. Il consumo del pasto può attivamente contribuire all’integrazione dei gruppi sociali e culturali, fungendo così da tramite di comunicazione e da strumento di inclusione, coesione sociale e culturale.

Ciò può avvenire se, oltre alle diete personalizzate come già viene offerto, vengono previsti ed attuati anche momenti di unione tra tutti i bambini , capaci di non far sentire un bambino diverso dall’altro ma uguale all’altro.

Per questo un giorno di alimentazione vegetale può solo unire , visto che non esistono nelle diverse culture vincoli  religiosi, pregiudizi o controindicazioni che escludono una dieta vegetale. 

Il cibo è precisamente un elemento culturale e , nell’ ottica di un continuo miglioramento dei servizi , la scuola e le istituzioni in genere non possono esimersi dal prendere atto di ciò, promuovendo la comprensione dell’altro anche attraverso il cibo ed il rispetto delle norme alimentari proprie di ognuno, al fine di produrre però , in primis, integrazione.

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Premessa

Secondo la FAO, sono circa un miliardo le persone nel Mondo che soffrono la fame.
Qualcuno dice che è per colpa loro, altri perché non c’è abbastanza cibo per tutti e che quindi non si può fare granché.
Ma le soluzioni a questa tragedia sono già presenti nell’ambito delle possibilità umane.
Nel Mondo sono coltivati milioni di ettari di terra per sfamare gli animali che servono per l’industria della carne.
Gli stessi ettari, bypassando il ciclo della produzione della carne, potrebbero essere usati per sfamare miliardi di persone, a paritá di valore proteico.
Il 40% circa dei cereali prodotti nel Mondo vengono usati per alimentare gli animali da allevamento, il che significa 700 milioni di tonnellate di cereali.
Oltre ad esso, il bestiame consuma più di 500 milioni di tonnellate di radice, farina di pesce, crusca, sementi, soia e semi oleosi.
Complessivamente, quasi un terzo della terra arabile a livello mondiale viene usata per coltivare mangime per il bestiame e tale fenomeno è in crescita.

Nei moderni allevamenti intensivi servono circa 10 kg di cereali per produrre un 1 kg di carne bovina e 5 kg per produrre un 1 kg di carne suina.
In totale diamo al bestiame 3 volte il cibo che esso ci restituisce sotto forma di carne, latte e uova.
In media il bestiame perde quindi oltre il 70% delle calorie nei prodotti agricoli che mangia.
Dal 1970 la produzione di carne è cresciuta di oltre due volte e mezzo e il peso complessivo del bestiame sul pianeta supera quello degli esseri umani.
La produzione globale è salita da 27 kg per persona all’anno tra il 1974 e il 1976, fino a 37,4 kg del 2000.
Per il 2050 si prevede che potrà superare i 52 kg a persona.
Per allora il consumo di cereali  salirà ben oltre il miliardo di tonnellate che l’ONU stima essere sufficienti per il nutrimento di 3 miliardi di persone.
Per di più, nonostante tutti questi passaggi, è anche assodato che oggi sprechiamo da un terzo a metá di ogni animale che uccidiamo.
Questi infatti, prima di tutto non vengono più utilizzati integralmente come si faceva in passato e in secondo luogo le parti che vengono commercializzate e che finiscono nelle nostre tavole sono oggetto di grande spreco.

È palese, quindi, che non si tratta di un problema di cattiva volontà di chi muore di fame ne di un problema di poca disponibilità di cibo.
A ciò si aggiunge il fatto che nonostante le terre coltivabili siano appena una piccola percentuale dei terreni esistenti ( 11% ), si vuole sottrarre altra terra alla produzione alimentare per coltivare i cosiddetti biocarburanti. […]
I cereali per fare un solo pieno a un SUV con serbatoio da 95 litri, potrebbero nutrire una persona per un anno […]
Un dato importante che rivela l’impatto della carne sugli ecosistemi e sul piano economico, è quello del peso dell’allevamento di animali sulle emissioni di gas serra.
In una recente analisi del World Watch Istitute, si sostiene che il 51% delle emissioni globali annuali di gas serra è dovuto all’allevamento del bestiame, considerato nelle varie filiere di lavorazione come il trattamento, la refrigerazione, ecc. .

” Chi mangia carne consuma circa il 60% di acqua in più rispetto a chi segue in prevalenza una dieta vegetariana.
Per allevare un bovino che fornirà in media circa 200 kg di carne, occorrono 3.060.000 litri complessivi di acqua per 8500 chili di foraggio, mangime e fieno, più 24.000 litri per l’abbeveramento, più 7000 litri di acqua per pulire stalle e cortili, per un totale di 3.091.000 litri complessivi usati durante la vita dell’animale.”

[ Cfr ” Acqua Virtuale. Il Mondo consuma miliardi di litri nascosti “, in National Geographic, vol. 25, n. 4, Aprile 2010, mappa in supplemento.]

“Quindi il problema reale sono le volontà e la consapevolezza umana.”

tratto da “Pensare come le montagne” di Paolo Ermani  e Valerio Pignatta

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Proposta:

L’omeostasi (dal greco ομέο-στάσις, stessa fissità), è la tendenza naturale al raggiungimento di una relativa stabilità interna delle proprietà chimico-fisiche che accomuna tutti gli organismi viventi, per i quali tale stato di equilibrio deve mantenersi nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso dei precisi meccanismi autoregolatori.

Al fine di preservare tale equilibrio, si propone:

Art. 1

(Principi generali)

1.

Garantire e promuovere, sulla base dei più recenti dati scientifici le diete alimentari caratterizzate da un minor impatto ambientale ed un abbassamento dei rischi sulla salute umana rispetto all’alimentazione fondata sul consumo di prodotti di origine animale, a tal fine privilegiando una dieta alimentare che escluda il consumo di alimenti di origine animale.

 2.

Il presente atto tutela il diritto dei cittadini ad un’alimentazione in linea con la propria cultura ambientale e nutrizionale, nel rispetto dell’ambiente, della salute delle persone e della preservazione della vita degli animali.

 Art. 2

( Definizione )

 Ai sensi della presente richiesta si intende per:

1

“dieta alimentare”: alimentazione quantitativamente e qualitativamente definita atta a mantenere lo stato di salute della persona;

2

“prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile”: i prodotti provenienti da filiera corta, per i quali le aree di produzione e trasformazione, ancorché ricadenti in più regioni, sono poste a una distanza non superiore a 50 chilometri di raggio dal luogo di vendita ivi comprese nei territori di comuni confinanti;

 3

 “prodotti agroalimentari ecologici provenienti da filiera corta a chilometro utile”: i prodotti di cui al presente art. comma 2) provenienti da coltivazioni biologiche o equivalenti e a basso impatto ambientale;

 4

“luogo di ristorazione”, qualsiasi mensa o esercizio pubblico o aperto al pubblico, ivi comprese mense prescolastiche, scolastiche, universitarie, ospedaliere, militari, penitenziarie, aziendali e di altri luoghi di permanenza o ricovero del Comune interessato;

 5

“menù”: primo, secondo piatto e contorno, oppure piatto unico equivalente a primo, secondo e contorno, di equilibrato e sufficiente valore nutrizionale per un pasto.

6

“menù privo di qualsiasi alimento di origine animale”:

primo, secondo piatto e contorno, oppure un piatto unico equivalente a primo, secondo e contorno, di equilibrato e sufficiente valore nutrizionale per un pasto, che esclude carne, pesce e altri alimenti derivanti dall’uccisione di animali, latte e suoi derivati, uova, miele e qualsiasi altro alimento di origine animale.

 Art .3

( Ambito di applicazione )

 1

In tutte le mense comunali che svolgono in qualsiasi modo servizio pubblico di ristorazione collettiva, ivi comprese le mense aziendali e interaziendali, le mense che svolgono servizi di ristorazione prescolastica, scolastica, universitaria, ospedaliera e nei pubblici esercizi che svolgono servizio di somministrazione di alimenti e bevande in forma sostitutiva, quali bar e ristoranti convenzionati con i luoghi di lavoro, dove dovrà  essere garantita un’adeguata disponibilità di menù privi di qualsiasi alimento di origine animale, nel giorno stabilito.

2

Negli appalti per l’affidamento dei servizi di ristorazione, catering e bar, deve essere prevista la somministrazione di menù privi di qualsiasi alimento di origine animale con previsione di apposite clausole che stabiliscono penali in relazione alla gravità delle eventuali omissioni e dalla reiterazione di esse, nel giorno stabilito.

 3

I menu di cui ai commi 1) e 2), sono strutturati in modo da assicurare un apporto bilanciato di tutti  i nutrienti, così come indicato dalla scienza ufficiale in materia di nutrizione e anche in  considerazione dei progressi scientifici in tale campo, non possono essere inseriti ingredienti di origine animale non identificabili organoletticamente, e comunque si dovrà assicurare una buona varietà di pietanze e appetibilità, sempre nel giorno di dieta vegan stabilito.

4

 Al fine di assicurare un servizio adeguato ai consumatori, il personale preposto alla somministrazione degli alimenti dovrà essere adeguatamente informato delle prescrizioni previste dalla presente proposta.

5

Al fine di assicurare un giusta informazione al cittadino, il Comune si impegna a tenere meeting informativi con supporto di opuscoli, brochure e assistenza nutrizionale per eventuali domande in merito alla dieta proposta nel giorno stabilito.

 Art . 4

( Giorno settimanale per le diete a ridotto impatto ambientale ed elevato standard di salute ) 

1

 In tutte le mense comunali di ristorazione collettiva, ivi comprese le mense aziendali e interaziendali, le mense che svolgono servizi di ristorazione prescolastica, scolastica, universitaria, ospedaliere e nei

pubblici esercizi che svolgano servizio di somministrazione di alimenti e bevande in forma sostitutiva, quali bar e ristoranti convenzionati con i luoghi di lavoro, dovrà essere garantito un giorno a settimana nel quale saranno somministrati solo menu privi di qualsiasi alimento di origine animale.

2

Le disposizioni di cui al comma 1) non si applicano alle mense ospedaliere, qualora al malato sia prescritta specifica dieta alimentare.

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Art. 5

( Incentivi all’utilizzo dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile nei servizi di ristorazione collettiva affidati agli enti pubblici )

1

Nei bandi di gara per gli appalti pubblici di servizi o di forniture di prodotti alimentari destinati alla ristorazione collettiva, emanati dalla regione o da enti da essa controllati, partecipati o promossi dalle province o dai comuni, può costituire titolo preferenziale per l’aggiudicazione, l’utilizzo, in quantità superiori ai criteri minimi ambientali stabiliti dai paragrafi 5.3.1. e 6.3.1.dell’allegato 1 annesso al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2011, dei prodotti di cui all’art. 2, comma 2) e 3) della presente proposta.

2

L’utilizzo dei prodotti di cui all’art. 2, comma 2) e 3), in quantità superiori ai criteri minimi stabiliti dal decreto ministeriale di cui al comma 1, deve essere adeguatamente documentato attraverso fatture di acquisto che riportino, oltre alle quantità, le indicazioni relative all’origine, alla natura, alla qualità e alla quantità dei prodotti acquistati.

 3

I prodotti di origine vegetale che dovranno essere inclusi nella dieta vegan del giorno settimanale proposto, dovranno rispettare i requisiti descritti al comma 1) e 2) del suddetto articolo.

Art. 6

( Misure per la promozione dell’educazione alimentare )

1

In relazione alle LINEE DI INDIRIZZO NAZIONALE PER LA RISTORAZIONE SCOLASTICA

Del Ministro della pubblica istruzione

Conferenza Unificata Provvedimento 29 aprile 2010  Intesa, ai sensi dell’art.8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n.131,

G.U. n. 134 del 11-6-2010, verrà richiesto l’adattamento del menù scolastico, in almeno un giorno a settimana, a favore di un pasto essenzialmente vegetale agli enti preposti ( ASL e nello specifico SIAN  “servizio igiene alimenti e nutrizione” )

2

A decorrere dall’anno scolastico successivo a quello della data di entrata in vigore della presente proposta, l’Amministrazione Comunale si impegna a far rispettare tale proposta e ad apportare contributi informativi per la promozione di quest’ultima.

3

La proposta si prefigge di tutelare ambiente e cittadini, in special modo nelle mense scolastiche dove gli studenti dovrebbero essere indirizzati ad una giusta alimentazione e educazione nel rispetto dell’ambiente. Al fine di informare e promuovere adeguatamente tale proposta, l’Amministrazione Comunale si impegnerà a garantire alla cittadinanza informazione e supporto adeguato, in maniera che l’utente comprenda che la proposta VeganDAY sia messa in atto da buoni propositi a salvaguardia dell’ecosistema e della salute dell’essere umano.

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Parte 2: “la ricerca” 

Ambiente e Alimentazione 

Vi siete mai chiesti quanti animali alleviamo in tutto il mondo? Le cifre sono spaventose, circa 100 miliardi ogni anno di soli animali terrestri!

Come possiamo nutrire tutti questi esseri viventi? Incrociando vari studi si nota che servono dai 15 ai 20 kg di proteine vegetali per avere circa 1 kg di proteine animali, quindi servono terreni enormi non solo per poterli allevare (anche se l’intensivo ha ben ridotto lo spazio occupato), ma soprattutto per sfamarli.La nostra produzione non sarà mai sufficiente e la richiesta di carne è in perenne crescita, specie nei paesi in via di sviluppo.

Ogni anno scompaiono 17 milioni di ettari di foreste tropicali. L’allevamento intensivo non ne è la sola causa, ma sicuramente gioca un ruolo primario.

Qualche esempio

In Costa Rica durante gli anni ’60-’70 l’aumento vertiginoso delle esportazioni di carne verso gli USA determinò un vero e proprio assalto alle foreste pluviali, oggi sono ridotte a poco più del 10% della loro estensione originaria (fonte: Unimondo).

Nella foresta Amazzonica, l’88% del territorio disboscato è stato adibito a pascolo. In totale la metà della foresta pluviale dell’America centrale e meridionale è stata abbattuta e destinata all’allevamento

(fonte: FAO e USA Agency for International Development)

Per dare un’idea delle dimensioni del problema, si pensi che ogni hamburger importato dall’America Centrale comporta l’abbattimento e la trasformazione a pascolo di sei metri quadrati di foresta.

Dopo pochi anni di pascolo il suolo diventa sterile, e gli allevatori passano ad abbattere un’altra regione di foresta. Gli alberi abbattuti non vengono commercializzati, risulta più conveniente bruciarli sul posto.

 Perché partire dall’alimentazione?

Possiamo fare moltissimo per il nostro mondo, semplicemente cambiando alcune nostre malsane abitudini. Limitare i trasporti, gli imballaggi e comprare meno plastica e prodotti derivanti dal petrolio sicuramente è necessario, ma se vogliamo veramente dare un contributo dobbiamo eliminare la fonte di maggior inquinamento, che da sola raccoglie e massimizza il 75% delle cause di inquinamento al mondo: lo stile di vita onnivoro.

Per massimizzare la produzione vengono spesso impiegate sostanze chimiche dannose per l’ambiente, inoltre le deiezioni degli animali da allevamento, spesso nutriti con cibo innaturale per loro, farmaci e integratori, assieme a una deforestazione selvaggia, stanno portando anche ad un altro grande problema: la desertificazione.

Dunque non abbiamo semplicemente sempre meno foreste ma anche sempre più deserti sempre più estesi.

Quanto producono gli allevamenti a livello di gas serra?

 Tantissimo! 

A metterci in guarda è il noto ente tedesco FoodWatch che dopo vari studi è riuscito a creare il grafico accanto, dove viene mostrato quanto influenziamo l’effetto serra tramite il tipo di alimentazione che scegliamo di seguire.

statistica inquinamento

Dati confermati da FAO nello studio
 “Livestock’s long shadow” del 2006 
reperibile qui: 
ftp://ftp.fao.org/docrep/fao/010/a0701e/a0701e.pdf

Circa 105 metri cubi di gas serra (metano, protossido di azoto, CO2) sono prodotti tra la digestione e la fermentazione delle deiezioni per 1 solo kg di carne di manzo! A conti fatti l’intera industria dell’allevamento è circa il 40% più inquinante dell’intero settore mondiale degli autotrasporti, producendo annualmente ben il 18% dei gas serra nocivi provenienti dall’uomo e dalle sue attività, piazzandosi così al secondo posto come fonte di surriscaldamento globale.

Studio reperibile qui: 

http://www.worldwatch.org/files/pdf/Livestock%20and%20Climate%20Change.pdf

Secondo il più recente studio degli scienziati Robert Goodland e Jeff Anhang “Livestock and climate change” del 2009, pubblicato da World Watch, l’industria degli allevamenti intensivi è responsabile dell’emissione di ben oltre il 50% dei gas serra (parliamo quindi di oltre 32 miliardi di tonnellate di gas serra annue).

Studio reperibile qui: 

http://www.worldwatch.org/files/pdf/Livestock%20and%20Climate%20Change.pdf

Come emerge da una buona quantità di studi riportati su vari giornali scientifici, riviste di ambiente e clima, trasmissioni televisive, web e radio, circa il 51% dell’effetto serra è causato dal consumo di prodotti di origine animale, coltivazioni per essi, trasporti, macelli ecc.. [R. Goodland e J. Anheng].

Non basta quindi utilizzare meno l’auto e accendere meno la televisione (fortemente consigliato in ogni caso), ma è necessario anche cambiare stile di vita se teniamo al nostro pianeta e se ci sentiamo responsabili verso ciò che lasceremo ai nostri figli.

Allevamenti da pelliccia o grossi allevamenti per animali da sperimentazione, piuttosto che da compagnia, si sommano allo stesso problema, ogni anno perdiamo quindi parte dei ghiacciai, vediamo estinguersi specie animali e modificarsi le stagioni per una semplice fetta di maiale (prosciutto) piuttosto che stivali nuovi in pelo, per nostre abitudini e/o capricci che potremmo facilmente evitare.

I nostri oceani e le nostre acque sono sempre più inquinate, plastica e petrolio ne sono i maggiori responsabili, ma non producono tutto l’inquinamento da soli. Molto altro arriva infatti dall’industria dei prodotti animali.

Le coltivazioni in aumento richiedono sempre più prodotti chimici e l’inquinamento da farmaci è attualmente una delle maggiori problematiche che rendono l’acqua oramai “tossica”. Abbiamo la certezza dell’aumento di sostanze chimiche in agricoltura, ora vogliamo evidenziare anche qual è una delle cause responsabile di questa quantità di farmaci incredibile scaricata in acque e ancora una volta gli studi convergono sulla zootecnia: gli animali consumano circa il 70% dei farmaci prodotti e venduti in tutto il mondo a causa dei ritmi insostenibili imposti agli animali negli allevamenti, delle facili epidemie e dell’indebolimento dovuto ai bombardamenti ormonali e al cibo insano.

I 2/3 delle terre fertili del pianeta sono usati per coltivare cereali e legumi PER ANIMALI (fonti: FAO e USA Agency for International Development).

Il 77% dei cereali in Europa è destinato non al consumo umano, ma ai mangimi per animali. Negli Usa, l’87%.

Su scala mondiale, il 90% della soia e la metà dei cereali prodotti globalmente sono destinati a nutrire gli animali anziché gli esseri umani (fonti: Database FAO, Food Balance Sheet).

Questi dati sono estremamente inquietanti, proviamo quindi ad analizzare il problema nel dettaglio e vedere le correlazioni con i nostri consumi e la nostra alimentazione.

Il 70% dell’acqua utilizzata sul pianeta è consumato dalla zootecnia e dall’agricoltura. Dobbiamo sommare infatti l’acqua impiegata nelle coltivazioni che avvengono in gran parte su terre irrigate, l’acqua necessaria ad abbeverare gli animali e l’acqua per pulire le stalle. Una vacca da latte beve 200 litri di acqua al giorno, 50 litri un bovino o un cavallo, 20 litri un maiale e circa 10 una pecora

(fonte: “le fabbriche degli animali”, 
E. Moriconi, Ed. Cosmopolis).

Per dare un idea, mentre per produrre 1kg di patate servono circa 500 litri di acqua, per 1 kg di manzo ne servono circa 100 000 litri. Qual è l’impatto sociale dello spreco, la sua ripercussione sui popoli dei paesi più poveri?

Bibliografia scientifica:

- Water Resources: Agriculture, the Environment, 
and Society” An assessment of the status of 
water resources by David Pimentel, James Houser, 
Erika Preiss, Omar White, et al. & Alex Kirby, 
“Hungry world ‘must eat less meat’”, 
BBC News Online, August 15 2004[Pimentel1997] 
Pimentel D., Houser J., Preiss E., White O., 
“Water Resources: Agriculture, the Environment, 
and Society”, both at: Bioscience, 
February 1997 Vol. 47 No. 2
- CIWF, “The global benefits of eating less meat”, CIWF Trust, 2004
- WHO/FAO, Diet, nutrition, and the prevention 
of chronic disease. Report of the Joint 
WHO/FAO expert consultation, 26 April 2002

 Scarica tutta la proposta per leggere anche a proposito di cibo, la nutrizione, l’attività fisica e la prevenzione: una prospettiva globale

Download della proposta completa

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