Osservazione su Piano Regionale Cave: impatto distruttivo su Ambiente e Turismo

In relazione ai lavori della Regione Toscana sez. ATTIVITA’ ESTRATTIVE, e in particolare al Piano regionale cave adottato dal Consiglio regionale con DCR 61 del 31 luglio 2019;

il nuovo Piano CAVE della Regione Toscana, che raccoglie una previsione di coltivazione delle cave di materiali ad uso industriale, costruzione e ornamentale su un arco temporale di 20 anni, dal 2019 al 2038, costituisce una delle pianificazioni più impattanti sui vari siti di escavazione Toscana.

L’enormità dei dati pubblicati, talvolta ridondanti, ci presenta un quadro da qui a 20 anni estremamente preoccupante, tal punto di vista economico e ambientale.

Ai Comuni è di fatto richiesto di ottemperare al nuovo Piano Regionale delle Cave producendo strumenti urbanistici atti ad assecondarne il più possibile l’attuazione dei piani di escavazione, nei territori in cui ricadono le aree estrattive.

Nella pratica l’attività di “cava” opera sulla riduzione di un Sistema ambientale NON rinnovabile.

Tra i dati pubblicati sull’area dedicata del Sito ufficiale della Regione, non siamo riusciti a trovare una valida analisi dell’impatto economico che l’attività di cava riverserebbe sul nostro territorio.

Come riportato dal “documento PR14“, per esempio, le percentuali di richiesta dei materiali da cava dal 2008 al 2016, hanno subito una drastica riduzione.

Il materiale estratto per usi ornamentali in Toscana è diminuita del 20%, mentre nella provincia di Massa-Carrara, dove si estraggono più del 70% delle pietre per usi ornamentali toscane, ha mostrato una contrazione del 17% e nella provincia di Lucca del 40%. Non va meglio per il comparto dei materiali forniti dalle cave inerenti ad usi industriale e costruzione, dove anche qui si registrano forti riduzioni di oltre il 50%.

La portata di questi dati ci da anche la misura dell’anacronistica previsione di questo piano Cave.

L’ATTIVITA’ di ESTRAZIONE, come già accennato, CONSUMA suolo e territorio, che in alcuni casi richiede anni per essere ripristinato; in altre situazioni non viene messo in atto nemmeno la ricostruzione dei fronti di cava come da normativa, perché le tecniche adottate di coltivazione non hanno tenuto conto dei parametri di pendenza e taglio dei rilievi, rivelandosi così distruttive che il pendio creato dall’asportazione del materiale lapideo diventa irreparabile, o almeno non recuperabile in un arco temporale accettabile.

Una nota merita anche la connessione tra idrologia e ingegneria ambientale con il termine “di rischio idrogeologico”, cui si intende il rischio connesso all’instabilità dei pendii. Le possibili conseguenze sull’incolumità della popolazione e sulla sicurezza di servizi e attività su un dato territorio, sono dovuti alle conformazione dei terreni, dei corsi d’acqua e quindi condizioni ambientali che coinvolgono le acque piovane e il loro ciclo idrologico una volta cadute al suolo.

Nel corso di attività di cava, rimuovendo lo strato superficiale del terreno, dove è concentrata la maggior parte della sostanza organica, parte dello stock di carbonio organico, viene rilasciata come gas serra a causa della mineralizzazione, vanificando l’azione millenaria dei processi naturali, responsabili della formazione del suolo.

Tali interventi antropici spesso implicano anche una più o meno intensa deforestazione, andando così a diminuire significativamente gli stock di carbonio presenti nella vegetazione, senza considerare il ruolo fondamentale che hanno gli spazi verdi nell’assorbimento di CO2 e nella riduzione dell’impronta di carbonio da parte dell’uomo.

Infine, la capacità del suolo di immagazzinare acqua e l’assorbimento di pioggia nel suolo viene ridotta e, in molti casi, impedita completamente, con una serie di effetti sul ciclo idrogeologico.

Immaginiamo quindi le conseguenze dell’apertura di una cava, l’asportare volumi e substrati a monte per riempire indebitamente zone geo-strutturalmente diverse a valle, perseguendo un sistema di lavoro per certi versi obsoleto e atto solo a destabilizzare equilibri già precari, stravolgendo la pedogenesi del suolo, responsabile della formazione millenaria dello stesso.

OSSERVAZIONI GENERALI

Una delle (n.1) OSSERVAZIONI è sicuramente il mero calcolo utilizzato dall’algoritmo prodotto e che determina ad oggi una previsione di sfruttamento TOTALE del territorio Toscano in termini di escavazione, per 186.676.616 metri cubi. In questa analisi si sarebbe dovuto, per logica, cercare e creare una costante di riduzione che riproducesse le percentuali di perdita dei vari settori lapideo rilevati tra il 2008 e il 2016 e proiettarli su un arco temporale tra il 2019 e il 2038.

Se di dati dobbiamo parlare, come riportato nel PR14 del PRC, e applicare meri calcoli matematici che aiutino a capire come si sia agito per costruire il Nuovo Piano Regionale delle Cave Toscane, e visto che si riporta che:

“…il concetto di fabbisogno di materiali è qui utilizzato in senso generico: se dovessimo essere precisi dovremmo fare riferimento alla domanda di materiali estratti dalle cave toscane (domanda interna da parte delle famiglie, delle imprese e domanda estera), ma una tale variabile difficilmente riesce ad essere quantificata per gli anni passati ed ancor più difficile è prevederla per gli anni futuri. Per questo motivo facciamo coincidere il concetto di fabbisogno di materiali da cave con l’insieme di materiali estratti negli ultimi anni dalle cave toscane.”

Tutto il comparte CAVE, come riportato nel PRC, conta 7000 addetti così suddivisi; 4500 impiegati nelle lavorazioni, 1500 nell’escavazione e 900 sono occupati dal settore di produzione macchinari e strumenti. Attraverso una consultazione generica dei dati Regionali, senza distinzione di sesso, ma con la considerazione della maggiore età e quella di avvicinamento alla pensione, possiamo stimare che sono circa 2.156.000 le persone abili all’occupazione lavorativa in Toscana per il 2018. Se compariamo i numeri occupazionali del comparto CAVE, rileviamo che i suoi impiegati sono lo 0,324% della stima sopra descritta.

La seconda (n.2) OSSERVAZIONE che ci viene da sollevare è quindi la scelta della Regione Toscana di insistere su un comparto in profonda crisi economica, a discapito del tutelare invece gli habitat e territori con una forte e decisa economia sostenibile per lo sviluppo del TURISMO. Ricordiamo che le presenze turistiche in Toscana, dati Regione Toscana ANNO 2018, riportano 48.198.474 presenze, con arrivi pari a 14.389.354.

In relazione a questi numeri e il settore delle Cave, un’altra (n.3) OSSERVAZIONE è che la Regione Toscana potrebbe iniziare a prevedere una riconversione del comparto, rivedere l’attuale PRC adottato, visto che dai dati, il settore turistico è un ambito economico economicamente superiore al settore dei Cavatori. Ecco anche perché nel NUOVO PRC si dovrebbe considerare non solo la riconversione nel settore di ESCAVAZIONE, ma azioni che scoraggino lo sforamento di fronti di escavazione, disattenzione per gli ambienti circostanti alle cave, maggiori oneri di escavazione, regole e sanzioni ferree in riferimento alla violazione della normativa in fatto di cave.

Il PAERP Maggio 2014 della Provincia di Livorno Art. 8. Indicazioni e prescrizioni di dettaglio relative ai piani di coltivazione e recupero/ripristino ambientale delle aree estrattive, comma 12, riporta che “I lavori di recupero/ripristino ambientale devono essere ultimati nei termini stabiliti nei provvedimenti di autorizzazione. Entro un anno dal termine dei lavori di recupero il Comune procede al collaudo delle opere eseguite verificandone la rispondenza al progetto anche ai fini della restituzione delle garanzie finanziarie: il provvedimento di autorizzazione indicherà la frequenza dei controlli comunali sullo stato di avanzamento e conformità del recupero/ripristino ambientale.”

Il PR 15 -INDIRIZZI e MISURE di MITIGAZIONE per le CRITICITÀ AMBIENTALI, al paragrafo 6. Ripristino delle aree estrattive – 6.1. Elementi generali di criticità, si riporta che:  “in ciascun sito, al termine dell’attività estrattiva, devono essere attuati una serie di interventi finalizzati a ripristinare la piena fruibilità dell’area, in conformità a quanto previsto dal progetto autorizzato, migliorando le condizioni ambientali laddove degradate dall’attività estrattiva.”

“La sistemazione finale prevede di norma la piantumazione di idonee specie vegetali ed il rinverdimento delle scarpate. Il tutto con il duplice scopo di perseguire un rapido inserimento paesaggistico ed evitare così l’instaurarsi di processi erosivi. In alcuni casi, come ad esempio per le cave di pianura dove si prevede la realizzazione di aree umide, si dovrà ricostruire l’habitat idoneo cercando il giusto equilibrio tra modellazione morfologica e gestione della biodiversità anche in funzione di una valorizzazione naturalistica e di una potenziale fruizione futura dell’area.”

OSSERVAZIONE n.4: Nel caso in cui tale ripristino non sia attuato come da normativa, quale sanzione viene descritta in funzione di una mancata attuazione di risistemazione in base ad un progetto di coltivazione di una cava? Ad oggi sempre nel PAERP maggio 2014 della Provincia di Livorno Art. 12. Monitoraggio delle attività estrattive, comma 4, si riporta che SOLO per “il mancato invio dei dati richiesti per il monitoraggio o eventuali documentate carenze di collaborazione con la Provincia per le attività di cui al presente articolo, potranno comportare la sospensione dell’autorizzazione all’escavazione da parte del Comune. “

OSSERVAZIONE n.5: Creazione quindi di un albo trasparente e pubblico, dove Comuni possano notificare  i loro rapporti dei controlli comunali sullo stato di avanzamento e conformità del recupero/ripristino ambientale. Tale Albo deve poter, ovviamente, essere accessibile anche dai cittadini. Ad oggi i controlli da parte dei Comuni vengono eseguiti? I rapporti in merito dove possono essere visionati? Trattasi, sempre a Nostro avviso , di particolari importanti.

OSSERVAZIONE n.6: rivedere una più rigida applicazione della normativa e delle sanzioni, con la possibilità di revoca della concessione,  in materia di miglioramento delle condizioni ambientali laddove il degrado dell’attività estrattiva non ottempera in maniera soddisfacente e/o coerente al progetto presentato di coltivazione/ripristino/recupero dell’area di cava, incluso la sistemazione finale dove si prevede di norma la piantumazione e lavori di recupero/ripristino ambientale, i quali devono essere ultimati nei termini stabiliti nel provvedimento di autorizzazione.

OSSERVAZIONE n.7: A titolo di esempio riportiamo una stima degli oneri su computo metrico del Comune di San Vincenzo (LI), e in relazione al progetto “Definitivo ed Esecutivo del primo lotto dei lavori di difesa della costa e ripascimento dell’arenile Sanvincenzino”. La delibera della Regione Toscana n. 819, prodotta in data 26/06/2019 ha definito per il 2018, una stima del contributo di escavazione a nostra avviso non >supportato da dati certi, come appunto si legge in un capoverso del testo trascritto nell’atto:

“…il campione di indagine non è risultato significativo rispetto alle informazioni complete necessarie e che comunque quanto rilevato ha confermato il rispetto delle soglie previste dalla normativa con particolare riferimento alle categorie “sabbie e ghiaie “che costituisce una categoria significativa in quanto rappresenta circa un terzo dei quantitativi dei materiali estratti in Toscana…”

Per dare un termine di paragone, dunque, e a titolo di esempio, riportiamo che massi naturali da scogliera e utilizzati per il progetto di ripascimento sopra menzionato (estratti dalle cave di Campiglia Marittima (LI), quindi Calcari e calcari dolomitici per usi industriali) da 1t a 3t hanno un costo/t di 16,44€/t e per l’anno 2016, mentre le sabbie e ghiaie sempre per il 2016 avevano un costo di 13,92€/t. La fornitura è stata di 29.000t, ossia 10.740,00mc circa. Il computo metrico riportato, dichiara chiaramente quale può essere l’introito e business a vantaggio della società che opera nella cava, rispetto al contributo versato nelle casse Pubbliche.

Ricordiamo che i Comprensori di cui stiamo parlando, sono quello di Calcari di Monte Valerio (91) e Calcari di Campiglia (26), e che il confronto è pertinente in quanto all’interno dei 4 anni presi a riferimento dal PRC, tale area costituisce in media, e per i 4 anni presi come campione, il 18,435% di tutta l’estrazione di materiali industriali e da costruzione della Toscana, per gli anni 2013, 2014, 2015 e 2016.

Ricordiamo anche che il confronto insiste nell’essere pertinente perché la cava di San Carlo (LI) (anche denominata di Solvay), nel 2015, ossia uno degli anni presi a riferimento e studio dal PRC, ha escavato 81.705mc di materiale da costruzione, nonostante che tra il 2013, 2014 e 2016, la fonte primaria sia stata la coltivazione di materiale ad uso industriale.

OSSERVAZIONE n.8: Se la categoria “sabbie e ghiaie“ costituisce una categoria significativa, non può essere accettabile avere un contributo di escavazione di 0,509€ anche se per San Vincenzo (LI) si rileva invece 236.000,55€ per 497.781 metri cubi estratti dalla Società Solvay e rispetto in definitiva ad un contributo di escavazione per il 2018, effettivo di 0,474€/mc. .

Nel rapporto “Cave di Legambiente 2014”, si prende atto che le entrate degli enti pubblici dovute all’applicazione dei canoni sono sottodimensionate in confronto ai guadagni del settore. Il totale nazionale di tutte le concessioni pagate nelle Regioni, per sabbia e ghiaia, è arrivato nel 2012 a 34,5 milioni di Euro rispetto a 1 miliardo di Euro l’anno ricavato dai cavatori dalla vendita del materiale lapideo.

Per quello che riguarda, dunque, la premessa sul “contributo di escavazione”, è evidente che tale  “onere sui siti minerari”, istituito anche attraverso il R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 2, comma 3, NON è adeguato alla quantità di materiale previsto dal nuovo PRC Regione Toscana e dovrebbe avere un importo tale da poter permettere una eventuale riconversione del settore con contestuale recupero ambientale. Una considerazione estratta da massime giurisprudenziali, ci riporta:

 “…che l’adozione di un “contributo di escavazione” rientrava e rientra, tra le misure dirette a garantire, attraverso una pianificazione a più livelli dello sfruttamento delle risorse non riproducibili e l’adozione di specifici interventi diretti a regolamentare l’esercizio della coltivazione delle cave, un uso delle risorse del suolo corretto e rispettoso del territorio e dello ambiente. Ritenuto che nell’ambito di tale normativa il contributo è configurato come uno strumento diretto ad assicurare l’esecuzione di interventi pubblici ulteriori rispetto al mero recupero dell’area di cava e delle strade di accesso e funzionali alla salvaguardia dei beni collettivi dell’ambiente e del territorio dall’impatto su di essi della localizzazione delle cave e dell’esercizio dell’attività estrattiva, in quanto incidenti in modo rilevante sulla viabilità prossima ed a media distanza e sia sulla salubrità dell’atmosfera, con evidenti ricadute anche sulla sopravvivenza o normale sviluppo della flora e la fauna nelle zone limitrofe; ritenuto che in relazione a tali precipue finalità il contributo assume una specifica natura indennitaria del pregiudizio subito dalle collettività in conseguenza della gestione delle cave, al quale corrisponde uno specifico onere dei comuni che le rappresentano di ripristinare le condizioni ambientali e territoriali pregiudicate dall’attività di estrazione, e non la funzione genericamente contributiva al bilancio dei comuni o commutativa di un servizio, che caratterizza i tributi. …”

OSSERVAZIONE n.9: In riferimento alla tipologia e del materiale escavato  si ritiene che nell’ottica di un avvicendamento del contenimento delle coltivazioni di cave toscane, visto anche i dati che richiama il PRC, dove le percentuali di richiesta dei materiali da cava, dal 2008 al 2016, per la quantità di materiale estratto per usi ornamentali in Toscana è diminuita del 20%, e per quantità estratte di materiali per usi industriali e di materiali da costruzione hanno subito dal 2008 al 2016 una contrazione di oltre il 50%, e in riferimento al miglioramento dell’efficienza della mitigazione sugli impatti ambientali nei territori di cava e zone limitrofe alle stesse, che per alcune aree come la Val di Cornia, in provincia di Livorno, quale ha come naturale vocazione “il turismo”, di inserire una norma nel nuovo PRC che preveda o limiti il cambio di tipologia di materiale estratto rispetto ai bisogni dichiarati anche dai numeri di estrazione.

OSSERVAZIONE n.10: si chiede inoltre di potenziare il sistema di riciclaggio derivante da materiali in grado di sostituire il materiale inerte da cava.

Viste le percentuali riportare nell’analisi economica descritta sul tratto temporale 2008/2016, è importante tutelare almeno un’ulteriore parte della lavorazione dei materiali da cava e nello specifico quello ornamentale, in loco. Questo deve essere promosso attraverso la costruzione di strumenti e norme ad hoc.

OSSERVAZIONE n.11: Quindi il nuovo PRC deve imporre l’obbligo di lavorazione del materiale ornamentale di almeno il 50% del materiale estratto nel sistema produttivo della filiera locale.

OSSERVAZIONI SPECIFICHE E TERRITORIALI – Codice Comprensorio 26, 91 e 82

San Vincenzo, Campiglia Marittima e Suvereto  (LIVORNO) nel solo 2018, hanno totalizzato 1.345.456 presenze turistiche.

Il comprensorio della Val di Cornia è sicuramente a vocazione turistica e il comparto dell’escavazione è una realtà ormai dai primi del ‘900.

Come riportato nella premessa e osservazioni della sezione generale di questo documento, il contesto delle Cave ha un impatto in Val di Cornia preoccupante in termini ambientali ed economici, vista la previsione formulata nel nuovo PRC da qui al 2038.

Tale preoccupazione è avvalorata dai quantitativi accreditati alle singole cave che fanno parte dei comprensori di Calcari di Monte Valerio (91), Calcari di Campiglia (26) e Calcari ornamentali di Monte Peloso (82) , e per la previsione del nuovo PRC.

Il comprensorio quindi ha una previsione di materiali ad uso industriale e costruzione e ornamentale,  per  30.496.698mc. il comprensorio in oggetto quindi è secondo per quantità previste di materiali da estrarre, al comprensorio Bacino di Carrara (1) con 33.892.338mc.

Nello specifico la società Solvay, su San Vincenzo, si ritrova con una concessione di 20 anni, rinnovata il 7 Febbraio 2006 e per una quantità di estrazione prevista pari a 34.000.000 di tonnellate di calcare e inerti. La scadenza della concessione è prevista nel 2026.

La cava di San Carlo ha una previsione di espansione stimata in circa 20ha verso Nord Est, Sud Ovest ed Ovest, ed ormai occupa oltre 250ha.

Si parla di 1.700.000 tonnellate di materiale estratto all’anno, in teoria 630.000 metri cubi all’anno, in realtà nel 2018 Solvay ha dichiarato, attraverso la delibera del Comune di San Vincenzo del 2 FEBBRAIO 2019, 497.781mc di prodotto escavato, e con un contributo di coltivazione di 236.000,55€ per il 2018.

In definitiva questa introduzione sulla Cava di Solvay, ci rimanda all’osservazione sopra proposta (7), dove si vuole spostare l’attenzione sul tema del contributo di escavazione anche in funzione di compensazione della perdita di habitat e/o distruzione dell’ambienti naturali, che tale realtà industriale porta al Comune di San Vincenzo e Campiglia Marittima (LI).

Per conoscenza quindi nelle casse pubbliche si conta un contributo reale al mc di 0,474 centesimi di €/mc estratto anno per San Vincenzo (questo per il 2018, ma gli altri anni non è andata meglio).

Addirittura le altre cave di Campiglia Marittima, nel 2017, sono state autorizzate alla coltivazione fino ad esaurimento dei volumi di estrazione concessi.

OSSERVAZIONE n.12: Visto la propensione che ha il territorio della val di Cornia, e in riferimento alla tipologia e del materiale escavato,  si ritiene che nell’ottica di un avvicendamento al contenimento delle coltivazioni di cave nel territorio in questione, visto anche i dati del PRC sulle percentuali di richiesta dei materiali da cava, per quantità estratte di materiali ad uso industriale e di materiale da costruzione, che hanno subito dal 2008 al 2016 una contrazione di oltre il 50%, in un’ottica di preservazione degli habitat ed eco-sistemi nei territori di cava e zone limitrofe alle stesse, di inserire una norma nel nuovo PRC che preveda o limiti il cambio di tipologia di materiale estratto rispetto ai bisogni dichiarati anche dai numeri di estrazione, in questo caso di rilegare l’uso della Cava di San Carlo alla sola estrazione di materiali industriali.

OSSERVAZIONE n.13: Ai sensi di quanto previsto dalla Direttiva 92/43/CEE “Habitat” con Rete Natura 2000 si intende l’insieme dei territori protetti costituito da aree di particolare pregio naturalistico quali le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) ovvero i Siti di Importanza Comunitaria (SIC). Tale rete si estende anche alle Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva 79/409/CEE “Uccelli”, abrogata e sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE. La Rete Natura 2000 costituisce di fatto lo strumento a livello europeo attraverso il quale preservare le specie di flora e fauna, minacciate o in pericolo di estinzione, e gli ambienti naturali che le ospitano.”

“In attuazione delle Direttive europee e della normativa nazionale di recepimento, la Regione Toscana ha emanato la Legge regionale 6 aprile 2000, n. 56  (abrogata e sostituita dalla LR 30/2015 – Norme per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturalistico-ambientale regionale), e dato avvio ad un’articolata politica di tutela della biodiversità.”

Le aree interessate della Val di Cornia risultano anche contigue all’ANPIL Parco Archeo-minerario di San Silvestro. Sussiste quindi un vincolo idrogeologico esteso su tutto il territorio del SIC. La Regione Toscana tutela con un decreto legge del 19 marzo 2015, n. 30 – “Norme per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturalistico- ambientale regionale.” Art. 48.

La pianificazione ricade lungo il versante nord-occidentale di Monte Calvi che è costituito “esclusivamente da territori boscati ed ambienti semi-naturali”. In una estensione di circa 2 km dal punto di localizzazione del giacimento, si individuano anche 40 grotte censite dal Gruppo Speleologico Archeologico Livornese.

Per quanto riportato nell’osservazione (13), visto il comprensorio in esame, o parte del comprensorio in oggetto e definito dal PRC come area e/o polo di escavazione al vertice del piano Regionale di coltivazione, come si intende tutelare la risorsa ZSC?

(n.14) Si OSSERVA che nei 4 anni presi a riferimento da PRC e nello specifico a riguardo del territorio della Val di Cornia, l’obbiettivo dovrebbe essere quello di accompagnare il distretto dei Cavatori, verso una graduale dismissione o drastica riduzione del settore di attività. I numeri regionali, come già trascritto sopra, sono in forte calo, sia nell’ambito della richiesta di materiali che nel ambito occupazionale lapideo.

Il comparto Cave non può continuare ad essere un ingranaggio incompatibile di un Sistema economico sempre più propenso verso un “settore turistico”, come confermato dai dati registrati dalla Regione Toscana.

Nel 2014 società Cave per Campiglia, avanzò la per richiesta una quota estrattiva di 25.000.000 metri cubi, questo per garantire per molti anni la vita operativa delle due cave contigue, ovvero Cava Monte Calvi e Cava Solvay. Quella richiesta non ebbe seguito.

Oggi le due società Solvay S.p.A. e Cave di Campiglia S.p.A., in domande separate, chiedono di estrarre complessivamente quasi 30.000.000 di metri cubi di materiale dalle colline della Val di Cornia.

Nella realtà nemmeno il ricatto occupazionale ormai riesce a giustificare questi numeri, a partire dai sempre meno impiegati della cava di San Carlo, ma anche dal continuo abbassamento numerico della forza lavoro nella fabbrica Solvay di Rosignano Marittimo, passata da circa 4500 lavoratori degli anni ‘50/‘60, ai circa 467 (dati 2019) attuali e anche se si devono aggiungere altri 600 che collaborano in ditte esterne e che, molto spesso, hanno contratti precari.

Il 2005 vide la discussione “occupazionale” approdare in Consiglio Comunale a San Vincenzo e a proposito della cava di San Carlo. In quell’anno si approvò l’ultimo e attuale ampliamento della cava Solvay a San Carlo. In quella sede si parlò chiaramente di 46 occupati più un indotto composto da 15 operai.

Oggi a San Carlo i numeri si sono notevolmente ridotti. Tant’è che già nel Consiglio Comunale di San Vincenzo del 11 Novembre 2006, si parlava di maggiori garanzie sul l’occupazione nella cava Solvay di San Carlo e ci fu una interrogazione inerente ai livelli di impiego forza lavoro, dove si richiedeva chiarezza sul rispetto dei patti presi tra Amministrazione e Solvay. In quell’occasione si chiedeva che venissero mantenuti 15 operai a San Carlo anziché spostarli a Rosignano Marittimo. A poco più di un anno di distanza, quindi, gli accordi erano già stati disattesi dalla Società proprietaria della Cava di San Carlo.

In maniera sintetica e a titolo esemplificativo si potrebbe ipotizzare, prendendo dalla cava di San Carlo, che ha il termine fissato per la scadenza della concessione nel 2026, se applicassimo almeno 2€ per ogni metro cubo escavato, basandosi sulla previsione del PRC, a partire dal 2019, l’importo recuperato per contributo di escavazione sarebbe 6.720.000€. Tale entrata per il Comune, potrebbe ipotizzare un mantenimento degli attuali operanti sulla cava di San Carlo, di almeno 9 anni dopo il 2026, e questo a supporto degli interventi infrastrutturali, per opere di tutela ambientale e per altri interventi sulla riqualificazione territoriale, nonché nel progetto di riconversione delle colline di una parte della Val di Cornia.

Lo scenario economico locale è complesso quindi, e richiede una analisi più approfondita dell’impatto del settore dell’escavazione rispetto al Comprensorio di residenza delle cave della Val di Cornia. Questo è dovuto nel rispetto degli addetti al Sistema Cave che nel 2016, come viene riportato in maniera certificata dal PRC, aveva in tutto 170 impiegati e suddivisi tra San Carlo (25, anche se i dati 2019 riportano 19 addetti totali), Campiglia (124 su due cave) e Suvereto (21).

Si ritiene che il PRC, in relazione alla Val di Cornia, non abbia valutato in maniera approfondita gli aspetti territoriali economici che dovranno coesistere con l’attività estrattiva, considerando che la Val di Cornia è deputata a diventare il secondo polo estrattivo di materiali da cava in Toscana e secondo il nuovo PRC.

Non riteniamo soddisfacenti e tantomeno complete le analisi che il PRC ha sviluppato sulle criticità, produttività e economia a livello locale, per la Val di Cornia.

Sarebbe opportuna una relazione che sviluppi e proietti scenari economici in contrasto con l’attività nei territori occupati dalla cave, da qui al 2038, rispetto agli altri settori, in primis il Turismo.

Sarebbe opportuno ai fini valutativi, una analisi che mostri da qui al 2038 lo sviluppo di economie alternative che vadano a preservare i territori come altre realtà esistenti in Toscana e che ad oggi sono ad uno stadio avanzato, come ad esempio l’attività di “Ecomuseo diffuso”. Facendo un confronto produttivo ed economico tra i due settori,  “escavazione” e “sostenibilità ambientale legata al turismo”, resta evidente la linea da dover tenere in futuro. Anche il Ministero dell’Ambiente sta condannando tutte quelle pratiche che portano al consumo di suolo e alla distruzione della flora e dell’habitat dei nostri territori.

CONSIDERIAMO CHE una ulteriore concessione ventennale del settore di coltivazione mineraria sul territorio della Val di Cornia, contribuirebbe a distruggere il patrimonio naturalistico delle nostre zone che sappiamo essere uno dei canali economici che principalmente risente dei settori come quello estrattivo. Per portare avanti la fonte di reddito dei maggiori operatori del settore del commercio, del turismo, della cultura, della nostra zona, in conclusione, nonostante  il PRC della Regione Toscana insista a prevedere volumi di estrazione insostenibili specialmente per territori che potrebbero diversificare se supportati da strumenti e volontà politica, la previsione di estrazione mineraria quantificata nei termini proposti, per la Val di Cornia è insostenibile e comprometterà una futura riconversione delle risorse naturali del Sistema collinare.

Chiediamo, in base anche alle indicazioni fornite in questo testo, una più attenta e profonda revisione delle schede: 090490020040 Comune di Campiglia Marittima –  090490020050 Comune di Campiglia Marittima – 090490180260 San Vincenzo – 090490200290 Suvereto

Meetup storico SanVincenzo5stelle

Download documenti:

Osservazioni.pdf

Contributo Comune San Vincenzo 2017

Displina del PRC

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